Giornata mondiale contro la violenza sulle donne

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Da dove parte la violenza sulle donne? dalla loro negazione.

Per secoli la figura femminile è stata relegata alla sola dimensione di figlia, moglie e madre di una società maschile, dove ogni capacità culturale, artistica e lavorativa è stata denigrata e ridicolizzata quando degna di nota.

Oggi, 25 novembre, è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

Noi di Fine Aptitude siamo convinte, che per superare in parte la violenza, sia necessario riconoscere alle donne il loro valore in ogni ambito. Valore che nei secoli è stato spesso sottovalutato e temuto, quindi nascosto e negato.

Nell’arte, in particolare, la negazione delle capacità artistiche femminili si è perpetuata per secoli. Solo pochi nomi e storie di donne artiste si sono tramandate, per questo abbiamo scelto, proprio oggi, di dedicare ampio spazio a queste “Illustri sconosciute”.

Plinio il Vecchio ci dona qualche traccia delle prime artiste, tra cui Timàrate, Eirene, Helene, Aristarete , Iaia, Kalypso e Olympias

«Dipinsero anche le donne: … Irene, figlia del pittore Cratino e sua discepola, dipinse la fanciulla che si trova ad Eleusi, Calipso e Teodoro il prestigiatore, Alcistene il danzatore.»Poche altre righe ci vengono lasciate dal Boccaccio, ma i secolari preconcetti e la sottovalutazione del genio creativo femminile, rendono informazioni e documenti scarsissimi.

Sempre grazie a libri dalla firma maschile, scorgiamo il nome di Irene da Spilimbergo. Si narra fosse allieva prediletta del Tiziano. Purtoppo restano solo le lusinghere parole di Dionigi Atanagi, che ne elogia la bravura e l’estro nel libro Vita di Irene da Spilimbergo.

Fino al secondo Novecento la divulgazione artistica ha escluso ogni forma di approfondimento sulle artiste, tanto da non trovarne traccia nella manualistica di settore. Analogamente, nella società si assisteva al perpetuarsi dello svilimento della donna, rilegata ad altri ruoli e compiti, in quasi ogni ambito della vita artistica e lavorativa.

In un mondo patriarcale e dominato a vario titolo dalla figura maschile, anche le poche fortunate che potevano accedere allo studio e alla produzione d’arte dovevano sottostare a rigide regole dettate dal “pudore religioso”. Alle donne fu, quindi, vietato riprodurre dal vero. Paesaggio, Natura morta, ritrattistica o copia di altre opere celeri era permesso nei limiti dell’hobby, che non poteva ambire a diventar nulla di più.

Properzia dè Rossi nel 500, provò ad infrangere il muro di gomma che la circondava.

Anticonformista e forte si dedicò alla scultura con passione. “cose da uomini” la apostrofarono non mancando di ridicolizzarla, infamarla e ostracizzarla, ma lei non demorse mai e di quei suoi primi passi oggi in molte sono grate.

Analogo e infausto destino è toccato alla colta veneziana Giulia Lama, sdoganata solo negli anni settanta dallo storico Pallucchini.

Un’altra donna artisticamente eccezionale e trascurata dalla storia è Elisabetta Piccini.

Elisabetta eccelleva nell’arte dell’incisione veneziana, come del resto tutta la famiglia. Rimasta orfana del padre venne spedita in convento dove prese i voti di Clarissa con il nome di Suor Isabella. Ancora oggi la si ricorda per le sue doti morali, sempre anteposte a quelle artistiche, ben più importanti.

L’Umanesimo

segnò qualche timido passo verso il riconoscimento delle donne, sempre subalterne e “inferiori” al genio maschile, ma più libere di esprimere la propria vena artistica. In questo periodo, spicca Mariatta Robusti, conosciuta come la Tintoretta figlia del pluriapprezzato (giustamente) Tintoretto.

Essere figlie o sorelle di artisti uomini, dava la possibilità alle donne di cimentarsi con la tecnica artistica, ma spesso l’opportunità diventava anch’essa una prigione e una sottile forma di violenza psicologica, sempre ai danni delle donne

era quasi impossibile liberarsi dall’ombra sovrastante del familiare uomo… vero artista della casa.

Un’eccezione è offerta da Artemisia Gentileschi, nota ai più per la forza e la determinazione con cuo denunciò la violenza subita. Denuncia osteggiata dalla Chiesa e punibile dalla legge… Gli abusi e la violenza sulle donne  non potevano essere rese pubbliche per non oltraggiare il pubblico pudore. Il coraggio della denuncia, altresì, ci permette di conosrla, non solo come donna, ma anche come popolare artista dell’epoca, molto apprezzata.

Negli anni dell’Illuminismo non si verifica l’agognato riscatto.

Le donne, ora, possono essere artiste, ma scelgono di non sperimentare, rinchiudendosi nell’intrattenimento creativo:

disegno, miniatura e pittura per lo più, soppiantarono la scultura e l’incisione delegando ad altri la rivoluzione linguista e visiva del periodo.

Ci sono però mirabili eccezioni. Angelika Kauffman, dai natali svizzeri, fù l’unica donna tra i fondatori della Royal Academy of Arts. Libera ed emancipata seppe affermarsi come pittrice innovativa e anticonvenzionale.

Nel suo percorso conobbe artisti e letterati, ma buona parte della sua fortuna fu il dono di un padre veramente illuminato. Credendo nelle sue doti, le fece conoscere la grande arte e la spronò a non indietreggiare di fronte alle difficoltà.

Anche Rosalba Carriera fu una donna eccezionale.

Eccezionale fu che ottenne apprezzamento e riconoscimento sociale.

La colta artista veneziana creò un circolo culturale frequantato da artisti, intellettuali e protagonisti dello scenario culturale.

Lei non sperimentò, lei si dedicò alla tecnica con tenacia. La perizia nella miniatura, la somiglianza dei ritratti e la “femminile” grazia dei suoi quadri ottennero il plauso della critica contemporanea, che non riusciva comunque a comprendere il motivo per cui si interstardisse con il realismo.

Il realismo, infatti, nel tardo barocco era la sua forza, la rappresentazione della sua forsa avanguardista. Per fortuna la miopia della critica, tutta la maschile, focalizzò l’attenzione la tecnica raffigurativa senza riconoscerne lo strumento, a volte impietoso, della raffigurazione della realtà, nella sua crudezza. Pionera dell’autoritratto, si dipinse anche anziana, nell’impietoso passar del tempo. Rosalba Carriera fu a pieno titolo pioniea proprio nella ricerca della conoscenza del sè, l’autoaffermazione, il riconoscimento del genere , l’identità e il tempo.

Man mano che ci avviciniamo ai giorni nostri, le artiste affermano la loro presenza con la consueta fatica, troppo spesso offuscate da ego giganti maschili. E’ il caso di Camille Claudel artista ricordata più per il tormentato rapporto con Rodin che per le sue spiccat doti, ma anche di Berthe Morisot, pittrice impressionista che ha dovuto lottare contro il pregiudizio che ridicolizzava la donna pittrice, che incurante del comune disappunto, dipingeva per le strade parigine.

Benedetta Cappa ebbe la sfortuna di sposare il celebre Marinetti che la offuscava completamente. Pasquarosa Marcelli che solo oggi è finalmente più famosa del modesto pittore e marito Nino Bertoletti. Ancora, Varvara Stepanova riconosciuta come eccentrica creativa moglie di Rodcenko.

Terminiamo questa triste carrellata di donne la cui grandezza non fu riconosciuta con la grandissima Frida Kahlo, oggi la più celebre pittrice del XX secolo, che spesso è stata un passo dietro al famoso marito muralista Diego Rivera.

L’arte contemporanea ha superato gli stereotipi di genere?

Vorremmo rispondervi con un entusiastico si, ma sebbene si incontrino molte più donne artiste, i disagi per emergere non sono pochi.

Saremmo liete qui ricordare tutte le grandi guerriere contemporanee dell’arte, come Meret Oppenheim, Louise Bourgeois, Carol Rama, Ida Gerosa (tra le prime computeriste donna) Carla Accadi unica donna nello scenario dell’arte astratta del periodo in cui l’astrattismo irruppe sulla scena come rivoluzione (1947). Vorremmo dedicare spazio e giusta luce a Cloti Ricciardi e a Giosetta Fioroni che dovettero fare uno sforzo muscolare nella nuova arte anti-formale che a Roma era s-padroneggiata da uomini illustri.

Ci rammarica non poter godere appieno di tutti i necessari approfondimenti su Nanda Vigo, che nel decennio 60 – 70 seppe sperimentare il contemporaneo concetto “intellettuale” dello spazio e della luce.

Cosa dire poi di Maria Lai artista capace e determinata che deve il riconoscimento della sua bravura a due altre grandi donne Angela Grilletti Migliavacca della galleria d’arte Duchamp e Mirella Bentivoglio che nel 78 la porto alla Biennale di Venezia.

Contemporanea a Maria Lai, Gina Pane divisa tra Francia e Italia focalizza la sua attenzione sul corpo e la fisicità, estremizzando il concetto fino alla tensione e sofferenza. Figura di spicco della body art realizzò perfomance accurate, studiate e preparate nei minimi dettagli e per fortuna anche documentate con altrettanta dovizia. ”Vivere il proprio corpo vuol dire allo stesso modo scoprire sia la propria debolezza, sia la tragica ed impietosa schiavitù delle proprie manchevolezze, della propria usura e della propria precarietà. Inoltre, questo significa prendere coscienza dei propri fantasmi che non sono nient’altro che il riflesso dei miti creati dalla società… il corpo (la sua gestualita) è una scrittura a tutto tondo, un sistema di segni che rappresentano, che traducono la ricerca infinita dell’Altro”.

Gli ultimi decenni del novecento hanno sicuramento segnato l’inversione di tendenza nel mondo femminile dell’arte. Tantissime, finalmente, sono le donne che riescono ad affermarsi come artiste e altre donne come Carla Lonzi, Anne-Marie Sauzeau Boetti da storiche e critiche d’arte ne hanno tenuto scrupolosa traccia.

Questo nostro omaggio (parziale e lacunoso) continua con due paladine moderne della body art.

Marina Abramovic: Artista che come la critica anche noi reputiamo tra le più grandi dell’arte contemporanea. Rappresentazione della sessualità e della femminilità, dell’intimità in una quotidianeità quasi disarmante: l’artista di Belgrado offre un’interpretazione etica non moralistica della realtà che la circonda.  Fa del suo corpo la tavolozza prediletta per indagare i confini estremi della resistenza fisica e psicologica.

Ketty La Rocca tra le più importanti artiste italiane che si sono misurate con la Body art. La sua fama è da ricercarsi nella profonda riflessione sull’universo della comunicazione. Passa dalla poetica della poesia visiva (anni 60 – 70) alle tecniche espressive più avanzate della sua epoca, come il videotape, l’installazione e la performance.

Negli anni a noi più vicini  la ricerca del linguaggio del corpo e del gesto si è sviluppata tanto da indagarla nelle radiografie del suo cranio e nella sua stessa grafia. Grafia e segni astratti che caratterizzano l’arte concettualizzata del tratto in una riduzione della realtà a puro pensiero che lascia il solo segno nudo nel suo livello di astrazione estrema.

Giugiamo così alla fine di questa lunga carrellata di Artiste, vittime anche loro dei secolari sopprusi e violenza sulle donne, una violenza celata dietro al disinteresse e alla negazione della loro stessa esistenza. Un Burqa calato sull’estro creativo femminile che ha nascosto il volto di tante donne a cui è stata negata l’appartenenza alla storia.